A rischio le residenze fiscali degli italiani nel Principato di Monaco, in Svizzera, in Lussemburgo e a Dubai

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L’Agenzia delle Entrate ha recentemente avviato una serie di operazioni volte ad accertare la residenza fiscale in Italia dei cittadini italiani iscritti all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) e trasferitisi nel Principato di Monaco, in Svizzera, in Lussemburgo e negli Emirati Arabi Uniti.

Predetti Paesi sono noti per la loro legislazione fiscale particolarmente accomodante in riferimento alla tassazione dei redditi percepiti dalle persone fisiche che decidono di spostarsi all’interno di tali giurisdizioni per ragioni meramente tributarie, spesso mantenendo in Italia il proprio domicilio (il centro dei propri affari ed interessi).

A riguardo, l’ordinamento giuridico italiano contiene una presunzione relativa di residenza fiscale in Italia (art. 2, comma 2-bis del Tuir) volta a riattrarre a tassazione nel territorio dello Stato i redditi dei cittadini italiani cancellati dalle Anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Paesi a fiscalità privilegiata, salvo possibilità per tali contribuenti di fornire la prova contraria.

E’ su tale facoltà che si innesta il contenzioso relativo a tali operazioni di controllo, con soccombenza del cittadino “fittiziamente” residente all’estero nel caso in cui questi non riesca a dimostrare l’effettivo trasferimento nel Paese estero a bassa fiscalità.

E’ bene ricordare che le violazioni degli obblighi di monitoraggio fiscale (Quadro RW) sono soggette a sanzioni amministrative da un minimo del 6% ad un massimo del 30% del valore delle attività finanziarie o patrimoniali non dichiarate (o riportate in maniera inesatta) e detenute in Paesi a fiscalità privilegiata, con la presunzione per detti contribuenti di aver generato tali disponibilità mediante redditi sottratti a tassazione in Italia.

Tale circostanza, se dimostrata, comporta anche il raddoppio dei termini di accertamento, potendo l’Amministrazione Finanziaria sottoporre ad accessi, ispezioni e verifiche gli anni fiscali compresi tra il 2011 e il 2020 (in caso di dichiarazione infedele) e tra il 2007 e il 2020 (in caso di dichiarazione omessa) con irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie particolarmente elevate.

I contribuenti potenzialmente oggetto di tali controlli possono presentare una dichiarazione integrativa mediante ricorso all’istituto del ravvedimento operoso, regolarizzando spontaneamente le violazioni sopra citate con il pagamento di una sanzione ridotta e dei relativi interessi legali in ragione d’anno.

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